In questi giorni, mentre i forti Alisei delle elezioni americane e gli intricati turbini della protesta universitaria soffiano poderosi e portano con sé aria di speranza e voglia di cambiare, è difficile riuscire a sentire la bava di vento che viene da sud, dalla lontana Africa. Laggiù, e più precisamente in Congo, essa è un vento dall’odore greve, che porta con sé aria colma di sangue, morte e paura: si sta compiendo l’ennesimo intricatissimo dramma del continente nero. I ribelli del CNDP (Congrès national pour la défense du peuple), hanno messo in scacco le forze dell’esercito regolare congolese. A guidarli c’è Laurent Nkunda che, fermando i propri uomini non lontano da Goma, capoluogo della regione del Kivu nord, ha decretato un “cessate il fuoco” unilaterale, e chiesto l’apertura di trattative con il governo congolese. Obiettivi delle trattative con il governo congolese dei ribelli del CNDP sarebbero l’annullamento di accordi commerciali con la Cina del valore di 5 miliardi di dollari – che secondo il loro capo avrebbero svenduto le ricchezze naturali del Paesi – e il disarmo dei ribelli Hutu delle Forces Democratiques de Liberation du Rwanda(FDLR), rifugiatisi in Congo al termine del genocidio ruandese del 1994 e fautori di rappresaglie e discriminazioni nei confronti della etnia Tutsi in Kivu, di cui Nkunda si dice difensore. Ulteriori richieste del CNDP sono la creazione di un esercito nazionale repubblicano, un più forte impegno nelle strutture sanitarie, una maggiore trasparenza nei contratti minerari ed un federalismo a livello nazionale. Ma nel frattempo,nonostante la tregua stabilitasi, i soldati dell’esercito regolare congolese in ritirata, sono entrati nei villaggi, saccheggiando, ferendo, violentando ed uccidendo. Anche i due ospedali cittadini di Goma sono stati saccheggiati dai soldati, peggiorando ulteriormente la già grave crisi umanitaria. La gente ha cercato di fuggire come ha potuto verso le frontiere dell’Uganda e del Ruanda, portando con sé a mala pena quello che è riuscita ad afferrare, ma il fronte della guerra va dal massiccio del Masisi fino al confine con Ruanda e Uganda ed è in continuo mutamento. Così, molti dei profughi (1 milione e 600 mila) si ritrovano chiusi “tra due fuochi”. Le ONG e l’ONU hanno sfruttato il “cessate il fuoco” e cercato di portare aiuto ai profughi, ma molti dei campi sono stati trovati deserti: le persone erano rifuggite, perché di nuovo perseguitate, ora dai soldati congolesi, ora dai ribelli del FDLR, comunque operante in zona. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha stimato in 2,5 milioni il numero delle persone minacciate da epidemie di colera e di morbillo nella provincia del Nord-Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, mentre Medici senza Frontiere (Msf) denuncia l’assoluta mancanza di organizzazioni umanitarie nelle zone più colpite dal conflitto. Intanto, ci sono stati degli scontri tra le forze di Nkunda e miliziani Mai-Mai di Rutshuru, una località situata ad appena una sessantina di chilometri a nord di Goma. Questi miliziani, sebbene attivissimi in tutte le guerre susseguitesi nella zona dei grandi laghi, non sono altro che gruppi armati senza legami né etnici né politici: fanno capo ad anziani della tribù, a signori della guerra o capi villaggio e, in teoria, si batterebbero per la difesa del proprio territorio ma, in realtà si mettono al servizio del miglior offerente, cambiando continuamente le alleanze.
Ora, sebbene la comunità internazionale ben sappia che la crisi è un problema interno allo stato congolese, si spera che qualcosa possa essere risolto con il summit di Nairobi in cui parteciperanno i 2 stati contendenti più gli stati confinanti di Uganda, Burundi e Tanzania , l’Unione Europea e gli Stati Uniti.
Così, mentre la lunga e complessissima epopea delle guerre centroafricane prosegue con un nuovo sanguinoso capitolo, l’unico ruolo svolto dalle potenze occidentali in tutta questa storia è sempre stato quello di osservare da lontano una situazione che avevano creato e che, incapaci di comprendere veramente , hanno lasciato e lasciano continuamente scivolare in secondo piano.
Tommaso Ripani
Tommaso.ripani@sconfinare.net
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